UNA STORIA LUNGA PIU' DI MILLE ANNI


AFFRESCHI DEL PRESBITERIO

parte sinistra del presbiterio

Fig.1 - La Vergine, in piedi al centro, nell'atto di avvolgere con una pelle di ermellino i committenti inginocchiati, in segno di protezione (1375-1400).

Fig.2 - Tre santi in piedi: a sinistra S. Sebastiano, al centro forse S. Giovanni Battista, a destra un santo non identificabile. Ai loro piedi, in basso a destra, un committente inginocchiato (dopo il 1400).

Fig.3 - La Madonna che allatta Gesù (dopo il 1400).

Fig.4 - S. Simone apostolo (1375-1400).

Fig.5 - Santo non riconoscibile (1375-1400).

Fig.6 - S. Bartolomeo (1375-1400).


PARTE FRONTALE DEL PRESBITERIO

Fig.7(a,b,c) - L'Annunciazione: al centro, in una grossa mandorla, il Cristo Pantocratore, a destra la Madonna ed a sinistra l'angelo Gabriele (1375-1400).

Fig.8 - S. Margherita d'Antiochia che esce dalla pancia del drago (dopo il 1400).

Fig.9 - Le due finestre, circondate da un bordo costituito da finissimi tralci d'uva.

Fig.10 - Il Beato Pietro di Lussemburgo con, davanti a sé, un leggìo ed un crocifisso e, dietro, un angelo (1375-1400).


PARTE DESTRA DEL PRESBITERIO

Fig.11 - Al centro la Madonna in trono con Gesù tra le braccia; a sinistra S. Antonio (col bastone a T) e S. Giacomo Maggiore; a destra S. Caterina e un Santo (forse S. Claudio); inginocchiati ai piedi ci sono i committenti (1375-1400).

Fig.12 - In ordine da destra: S. Giovanni apostolo, Gesù in croce, la Madonna ed una Santa non riconoscibile (1375-1400).

Fig.13 - In alto a sinistra: Gesù che incorona Maria. In alto a destra: S. Michele con la Madonna tra le braccia. In basso a destra: un Santo ed i due committenti dell'opera. In basso a sinistra: la Dormizione della Madonna. (prima del 1375).

Fig.14 - Santo non riconoscibile (1375-1400).


VOLTA DEL PRESBITERIO

Sulla volta sono raffigurati i 4 evangelisti e, al centro, l'Agnello (1375-1400).

Fig.15 - S. Matteo con l'angelo.

Fig.16 - S. Marco con il leone.

Fig.17 - S. Giovanni con l'aquila.

Fig.18 - S. Luca con il bue.

Fig.19 - L'Agnello.


ARCO TRIONFALE

Fig.20 - Santo non riconoscibile (1375-1400).

Fig.21 - S. Giovanni Battista con il bastone e l'agnello (1375-1400).

Fig.22 - S. Lorenzo con una graticola in mano (1375-1400).


ALTARE

Fig.23 - Al centro dell'altare barocco del XVIII secolo, nella nicchia, si trova la Madonna incoronata dalla SS. Trinità.


AFFRESCHI DELLA NAVATA

PARTE SINISTRA DELLA NAVATA

Fig.24 - Santo vescovo, forse S. Lorenzo o S. Giusto, patrono dell'abbazia di Susa (XIV secolo).


PARTE DESTRA DELLA NAVATA

Fig.25 - Santo non riconoscibile (XIV secolo).

Fig.26 - S. Michele arcangelo (XIV secolo).

Fig.27 - S. Caterina d'Alessandria (XIV secolo).

Fig.28 - S. Sebastiano con due degli arcieri che lo hanno martirizzato (XIV secolo).


VOLTA DELLA NAVATA

Fig.29 - La Risurrezione di Gesù (1951).

Fig.30 - L'Incoronazione di Maria (1951).

Fig.31 - L'Assunzione di Maria (1951).

Fig.32 - Gli angeli col medaglione barocco sull'archivolto dell'arco trionfale con i conci dipinti.


ESTERNO DELLA CHIESA

FACCIATA

Fig.33 - Il portale in cotto (XV secolo).

Fig.34 - L'Assunta che veglia su Vigone (metà del XX secolo).

Fig.35 - La facciata a capanna.


PARETI LATERALI

Fig.36 - Finestra flamboyantes ad est.

Fig.37 - S. Cristoforo a sud (XIV secolo).

Fig.38 - Finestra romanica a sud con decorazione a scacchi (XIV secolo).


ULTERIORI DETTAGLI SUGLI AFFRESCHI DEL PRESBITERIO


Gli affreschi del presbiterio sono da attribuirsi a tre diversi artisti i cui nomi restano per ora sconosciuti:

- il primo, un artista francese d'oltralpe, ha realizzato, prima del 1375, l'insieme di affreschiche riguardano la dormizione e l'assunzione di Maria, sulla parete destra del presbiterio (fig.13);

- il secondo ha realizzato gli affreschi di Santa Margherita (fig.8), della Madonna che allatta Gesù (fig.3) e dei tre santi con ai loro piedi il committente inginocchiato (fig.2); ha operato dopo il 1400;

- il terzo ha invece realizzato, tra il 1375 ed il 1400, tutti gli altri affreschi del presbiterio. I committenti degli affreschi sono riconducibili ad alcune famiglie nobili vigonesi: gli Opezzi, i Della Riva, i Bernezzi ed una quarta famiglia non individuata avente sullo stemma un leone. Il mancato riconoscimento di questa casata è anche dovuto al fatto che il suo stemma è composto da due stemmi nobiliari accostati, appartenenti alle famiglie di ciascuno dei due sposi che hanno generato la nuova stirpe.

Prima dei recenti restauri, conclusi nel 2002, le pareti del presbiterio erano coperte da uno spesso strato di intonaco dipinto di un colore grigio-blu con raffigurate alcune piccole croci geometriche. Inoltre sulla parete sinistra era rappresentata una finestra uguale a quella aperta nella parete destra e posta proprio di fronte ad essa. Solo in alcuni tratti l'intonaco, scrostandosi, lasciava intravedere gli affreschi sottostanti.


PARETE SINISTRA DEL PRESBITERIO

Fig.1 - La lunetta (impostata come la "Madonna della Misericordia" del 1445 di Piero della Francesca o come il dipinto della famiglia Challant ai piedi della Madonna della Misericordia a Fénis) rappresenta la Vergine, più grande delle altre figure, in piedi al centro dell'affresco nell'atto di avvolgere i committenti, inginocchiati ai suoi piedi, con la pelle di un ermellino in segno di protezione. Di questa non ci rimane che un reticolato bianco corrispondente all'interno della pelle. Le vesti dei committenti ne rivelano l'elevata condizione sociale: solo chi disponeva di molto denaro poteva indossare vesti lunghe e, come nel caso della donna vestita di azzurro sulla destra, farsi raffigurare in una chiesa con ampie scollature. Sotto, inclusi in due rosoncini quadrilobati, sono visibili gli stemmi nobiliari finemente decorati delle famiglie committenti; poiché lo stemma destro è composto da due stemmi di cui uno è quello dei Della Riva, si può pensare che la famiglia che ha commissionato quest o affresco fosse strettamente imparentata con i committenti del dipinto di San Bartolomeo di questa medesima parete.

Fig.2 - L'affresco raffigura tre santi in piedi inseriti in piccole architetture; il primo sulla sinistra è San Sebastiano, quello a destra non è riconoscibile mentre quello in centro pare San Giovanni Battista dalla veste che indossa (viveva nel deserto e vestiva abiti pesanti, in grado di riparare dal caldo). Ai loro piedi, nell'angolo in basso a destra, è invece rappresentato un committente inginocchiato.

Fig.3 - Questo affresco rappresenta Maria che allatta Gesù. La Madonna è inserita in una piccola architettura e sulla sua testa è appeso un uovo di struzzo, simbolo della perfezione. Uno dei due cartigli alla base dell'architettura reca la scritta "Qui se humiliat esaltabitur", che significa "Chi si umilia sarà esaltato".

Fig.4 - In questo affresco è dipinto San Simone apostolo. Il suo nome è scritto in latino ("Sanctus Symon Apostolus") nella cornice bianca del loggiato che lo sovrasta. Esso è in stile gotico fiorito e ricorda, nella forma, le finestre della parete frontale del presbiterio.

Fig.5 - Il santo qui raffigurato è inserito in una loggetta trilobata simile a quella di San Simone e veste abiti nobiliari del Quattrocento; non è riconoscibile dato che il volto e buona parte del corpo non si sono conservati. Fig.6 - Questo affresco raffigura San Bartolomeo che, scuoiato vivo, porta la sua pelle appesa ad un bastone e tiene un coltello in mano. Lo sovrasta una loggia uguale alle precedenti, con gli stemmi nobiliari dei committenti (i Della Riva).


PARETE FRONTALE DEL PRESBITERIO

Fig.7 - La lunetta rappresenta l'Annunciazione: al centro (fig.7-b) si trova il Cristo Pantocratore (dal greco "pàs" = tutto e "kratèo" = governo; che governa ogni cosa) inserito in una mandorla (simbolo della perfezione) dai colori simili a quelli dell'arcobaleno. La Madonna, a destra (fig.7-c), è seduta su di un bellissimo trono ed ha le mani giunte in segno di devozione. Vicino a Maria si trovano a destra un vaso col giglio (simboleggiante la purezza) e a sinistra un leggio ben lavorato con un libro scritto in latino. L'angelo Gabriele, a sinistra (fig.7-a), è posto di profilo e tiene in mano un cartiglio. In basso, negli angoli, si trovano i due stemmi quadrilobati dei committenti.

Fig.8 - Qui è rappresentata Santa Margherita d'Antiochia (protettrice delle partorienti), in piedi ed a mani giunte, mentre, dopo avergli squarciato la pancia, esce dal ventre del drago (rappresentante il diavolo) da cui è stata divorata. Fanno da sfondo un ponte e due torri.

Fig.9 - Le due finestre gotiche flamboyantes sono state aperte durante la costruzione del presbiterio (avvenuta nel 1312 o nel 1434, vedere pag.16-17) e murate all'inizio del Settecento con mattoni non nuovi, forse recuperati dalla demolizione di qualche caseggiato dell'epoca. Non sono state completamente riaperte per paura di cedimenti strutturali ed ora si presentano come due nicchie ad arco ogivale, sovrastato da una lunetta. Quando erano aperte lasciavano penetrare nel presbiterio un morbido taglio di luce. Sono circondate, nella parte superiore, da un bordo elegantemente decorato con tralci di vite.

Fig.10 - L'affresco raffigura il Beato Pietro di Lussemburgo (fatto cardinale a 12 anni e morto a 18) che doveva godere di un culto particolare in queste campagne. Egli è inginocchiato, colto nell'atto di leggere un libro con scritte latine posto su un leggìo simile ad un piccolo altare. Di fronte vi è un crocifisso (ben conservato e finemente decorato) e, dietro al beato, un angelo.


PARETE DESTRA DEL PRESBITERIO

Fig.11 - Nella lunetta è raffigurata la Madonna sul trono con in braccio Gesù. A sinistra si trovano Sant'Antonio col caratteristico bastone a T con la campanella e San Giacomo Maggiore (il santo viaggiatore, i cui simboli sono la conchiglia per bere e la borraccia) con il cappello ed il bastone. Sotto ci sono alcuni committenti vestiti col saio (due sono uomini ed hanno la veste lunga) e lo stemma quadrilobato. A destra si trova un santo (forse San Claudio, un vescovo) e Santa Caterina, riconoscibile per la ruota. Anche sotto di loro sono presenti alcune figure di committenti e lo stemma.

Fig.12 - L'affresco raffigura una composta e delicata Crocifissione; partendo da destra sono rappresentati San Giovanni apostolo, Gesù in croce, la Madonna (nella posizione dello "stabat" come narra il Vangelo di Giovanni) ed una santa non riconoscibile. La canna con la spugna imbevuta d'aceto, la lancia ed il bastone sembrano quasi dividere in più parti l'affresco. L'artista, ispiratosi molto a Giotto, ha ottenuto, grazie anche ad una certa trasparenza, una forte espressività del dolore. Incantevoli sono i corpi, i drappeggi dei vestiti (molto raffinati), gli incarnati e le nervature del legno. San Giovanni è forse, per la finezza dei drappeggi, la figura più bella di tutto il presbiterio. Gli stemmi delle famiglie committenti dell'opera (i Bernezzi) si trovano negli angoli alti della raffigurazione che è circondata da una cornice decorata.

Fig.13 - Questo affresco (eseguito prima del 1375) raffigura in alto a sinistra Gesù nell'atto di incoronare Maria che sale al cielo, a fianco la Madonna tra le braccia di San Michele, in basso a destra un santo con due committenti dell'opera e in basso a sinistra la Dormitio Virginis (Dormizione della Vergine, che, secondo la tradizione, non è mai morta). La Madonna è qui circondata dagli undici apostoli. In origine tutte le aureole erano dorate, come dimostrano le scalpellate che dovevano contenere il metallo prezioso evitandone il distacco. L'uomo grigio raffigurato sotto la Madonna mette in relazione l'affresco con un fatto narrato in un vangelo apocrifo: rappresenta un ebreo che cerca di rovesciare la lettiga su cui è posta la Vergine (considerata il simbolo della Nuova Alleanza) e che viene paralizzato da Dio, così come un ebreo che aveva cercato di rovesciare l'Arca dell'Alleanza era stato fulminato. Agli angoli della parte alta della cornice si trovano gli stemmi nobiliari dei committenti . L'affresco, a giudicare dalla pennellata frenetica, è opera di un artista francese d'oltralpe non identificabile. A sinistra il bordo interrotto rivela che in origine anche la finestra adiacente era uguale a quelle della parete frontale; ma, dopo la realizzazione degli affreschi, essa venne ampliata in due tempi (all'inizio del Settecento e nel 1854). Nel 2002 il vetro della finestra è stato sostituito con uno nuovo più adatto ad un contesto ecclesiastico e realizzato dall'artista vigonese Elio Garis.

Fig.14 - In questo affresco è raffigurato un santo non riconoscibile che potrebbe essere San Bernardino (che ha predicato in questa chiesa) visto il caratteristico modo di benedire. E' posto in una nicchia di forma molto simile a quella delle finestre dietro l'altare. Questa pittura è stata realizzata tra il 1375 ed il 1400 dal pittore che ha eseguito la maggior parte degli affreschi del presbiterio. Egli l'ha ritenuta una raffigurazione molto importante visto che per poterla realizzare ha coperto parte del bordo dell'affresco vicino.


VOLTA DEL PRESBITERIO

La volta a crociera del presbiterio è suddivisa in quattro vele rappresentanti i quattro Evangelisti, seduti su troni aventi la forma di cattedrali in stile gotico fiorito, con a fianco i rispettivi simboli: San Luca con il bue (nella vela adiacente all'arcata d'ingresso al presbiterio, fig.18), San Marco con il leone (nella vela sinistra, fig.16), San Matteo con l'angelo (di fronte, fig.15) e San Giovanni con l'aquila (nella vela destra, fig.17). Al centro della volta è rappresentato l'Agnello (fig.19). I lunghi cartigli e i basamenti a gradini sono propri dell'iconografia degli Evangelisti. L'artista si è certamente ispirato a Giotto nel realizzare sia le figure che le decorazioni dei costoloni delle quattro vele. Lo sfondo, che ora si presenta di un colore verdastro con alcune stelle bianche, era originariamente di azzurrite, un minerale azzurro che, ridotto in polvere e applicato alla volta, brillava come il cielo terso. Prima del restauro del 2000, le vele della volta erano ricoperte da un intonaco dipinto di blu intenso con disegnate alcune stelle.


ARCO TRIONFALE

Sull'intradosso del grandioso arco trionfale gotico che sovrasta l'ingresso al presbiterio sono raffigurati quattro santi: uno, quasi integro, è San Giovanni Battista (fig.21), posto in una loggia simile a quella di San Simone, con un agnello ed un bastone con un cerchio in cui è disegnata una croce. Quello a destra (fig.22) è San Lorenzo, un vescovo dalla veste molto ricca, riconoscibile per la graticola che tiene in mano, giacché è stato bruciato vivo su una graticola. Gli altri non sono identificabili, poiché di uno si è conservata solo qualche traccia (fig.20) e dell'altro non è rimasto nulla. I piani d'imposta dell'arco ogivale sono costituiti da due grosse pietre quadrangolari sostenute da colonne con capitelli di semplice fattura.


ALTARE

Fig.23 - L'altare è una struttura in mattoni ricoperta da uno strato di stucco che è in gran parte dipinto simulando le venature di marmi della zona circostante (finto marmo). Inoltre, essendo in stile barocco, è ricco di sculture: è rappresentata la SS. Trinità (il Padre a destra, il Figlio a sinistra e lo Spirito Santo sotto forma di colomba al centro in alto) che incorona Maria, posta in una nicchia circondata anch'essa da stucco dipinto a finto marmo. Sulla sommità della struttura sono presenti due fiaccole e quattro angeli di cui i due centrali hanno le mani e lo sguardo rivolti verso il cielo. Sopra allo Spirito Santo si trova lo stemma in stucco (con un elmo, un uccellino e tre passeri in banda diagonale originariamente dorati) della famiglia del pievano Giovanni Pietro Passera che all'inizio del Settecento sostituì il preesistente altare gotico con quello attuale. Infatti, poiché gli affreschi erano coperti dall'intonaco steso dopo la peste del 1930, il pievano non poteva valutare quant o il voluminoso altare barocco sarebbe stato in contrasto con le pitture trecentesche. Secondo molte fonti l'antico altare gotico in laterizio era ricco di dipinti e decorazioni e in particolare sembra che accogliesse anche l'affresco di San Bernardino sotto il crocifisso nominato anche nell'iscrizione sulla lapide del pilastro destro di ingresso al presbiterio; se così fosse questo dipinto sarebbe andato perso proprio con la distruzione di quell'altare.

La mensa fu fatta realizzare da Don Mario Granero con la metà di un basamento ligneo usato per portare in processione la Madonna del Carmine di Santa Caterina; prima, come si soleva fare a quel tempo, il sacerdote celebrava la Messa sull'altare dando le spalle ai fedeli. Nel 2002 è stata abbellita e resa più stabile da due artigiani vigonesi (Nasi Francesco e Monchio Luigi) poiché il piano d'appoggio si era inarcato e avendo una base molto stretta rischiava di ribaltarsi.


ULTERIORI DETTAGLI SUGLI AFFRESCHI DELLA NAVATA


Nella navata della chiesa si possono localizzare solamente due nuclei di affreschi realizzati forse dal medesimo artista (diverso da quelli che hanno operato nel presbiterio), giacché in entrambi i personaggi raffigurati hanno gli occhi circondati come da un alone bianco. La realizzazione di questi dipinti va collocata nel secolo XIV, e più precisamente in un periodo compreso tra l'esecuzione della Dormitio Virginis (1375 circa) e quella delle altre pitture.


PARETE SINISTRA DELLA NAVATA

Fig.24 - L'unico affresco presente su questa parete si trova nella prima campata ed è parzialmente coperto dalla cantoria. E' qui raffigurato un Santo Vescovo il cui nome, scritto in caratteri neri su una fascia bianca nella parte inferiore dell'affresco, è difficilmente leggibile: sembra infatti che vi sia scritto "S. Loris", ma sarebbe più lecito pensare che quello sia San Giusto, il patrono dell'omonima abbazia di Susa da cui la pieve di Santa Maria de Ortis dipendeva. Certo è che quell'affresco era affiancato da un altro dipinto, come dimostra la sua cornice che, nella parte inferiore, si prolunga per un tratto verso sinistra. Probabilmente l'affresco adiacente fu volutamente distrutto (come si può vedere dai segni di scalpellate a sinistra della figura del vescovo) per lasciare il posto alla rustica cantoria. Questo dipinto risulta essere il migliore per qualità cromatiche riportato alla luce in questa chiesa.

Sempre su questa parete, ma nella terza campata, era visibile, prima della ritinteggiatura del 2002 che pone in risalto gli affreschi, un'ombra bianca di forma rettangolare che occupava buona parte dello spazio. Qui era forse collocato il pulpito della chiesa, dal quale predicò nel 1418 San Bernardino da Siena. A dimostrazione di quest'ipotesi ci sarebbe la presenza di alcuni ritocchi nell'intonaco proprio nei pressi degli angoli dell'ombra bianca, ritocchi effettuati in seguito alla rimozione dei ganci che avrebbero sostenuto il pulpito.


PARETE DESTRA DELLA NAVATA

Il nucleo di affreschi presente sulla parete destra della navata si trova nella terza campata. Qui i personaggi raffigurati sono quattro, tutti inseriti in un unico baldacchino di gloria in stile gotico fiorito suddiviso in quattro loggette a sesto acuto trilobate: i tre più a destra sono certamente dei santi, mentre all'estrema sinistra si scorge appena una figura umana (fig.25) vestita con un abito rosso che porta in braccio un bambino di cui si vede il capo; potrebbe trattarsi di Santa Lucia, visto che un documento del Seicento ne attesta la presenza su questa parete, ma non è da escludere una svista dell'autore. In realtà non è nemmeno possibile (né forse lo sarà mai) stabilire con sicurezza se si tratti di un santo o no, dato che la testa con l'eventuale aureola del personaggio è stata scrostata a colpi di scalpello per far posto al pilastro che separa il presbiterio dalla navata e che quindi fu aggiunto in un secondo momento quasi sicuramente per motivi statici. Partendo da sinistra e and ando verso destra i tre santi sono: San Michele arcangelo (fig.26) che impugna nella mano destra una spada e nella mano sinistra una bilancia con cui sta pesando le anime dei defunti; la sua loggetta, a differenza delle altre tre, non è trilobata per lasciare posto alle ali; Santa Caterina d'Alessandria (fig.27) con la caratteristica ruota del suo martirio nella mano sinistra e un pugnale nella mano destra; San Sebastiano (fig.28) attorno alla simbolica colonna durante il suo martirio. Alla sinistra di questo santo sono raffigurati due degli arcieri che lo hanno martirizzato. Le acconciature e le vesti dei tre personaggi, ma soprattutto quelle della santa posta al centro, sono di carattere medioevale come dimostrano la vita molto alta, le acconciature e le vesti. Gotico è anche il drago (di cui sono visibili solo i piedi) che incombe sui santi, posto al di sopra del loggiato e in parte scrostato molto probabilmente per poter alzare il tetto al fine di realizzare la nuova volta a cro ciera in luogo delle capriate. Tutti questi elementi gotici confermano che questi affreschi devono risalire al XIV secolo e sono dunque coevi di quelli del presbiterio.

All'estremità destra di questo nucleo di affreschi si trova una lesena che chiude dall'interno una delle due finestre a tutto sesto il cui profilo è ora visibile solo dall'esterno.


VOLTA DELLA NAVATA

Originariamente la copertura della navata era a capriate lignee, ma dall'inizio del XVIII secolo si presenta suddivisa in tre campate rettangolari della stessa ampiezza, ciascuna coperta da una volta a crociera ogivale. Per realizzare la nuova volta in muratura fu necessario alzare ulteriormente le pareti laterali che dovevano sostenere le forti spinte delle volte; fu forse per questo motivo che i muri furono anche rafforzati con pilastri interni ad essi addossati, senza soffermarsi troppo sull'estetica o sulla presenza di affreschi preziosi. Le vele, suddivise geometricamente in grandi spazi tinteggiati, sono abbellite da degli affreschi del pittore vigonese Michele Baretta realizzati nel 1951 in tre spazi (circolare quello della campata centrale, quadrilobati gli altri due) posti all'incrocio dei costoloni delle tre volte. Essi rappresentano, in ordine dall'ingresso verso l'altare, la Risurrezione di Gesù (fig.29), l'Incoronazione di Maria da parte della SS. Trinità (fig.30) e l'Assunz ione di Maria (fig.31).

I conci dell'archivolto dell'arco trionfale ogivale rivolti verso la navata sono dipinti a gruppi di quattro alternativamente di rosso e di bianco. Sopra la chiave di volta sono invece raffigurati due angeli che reggono un medaglione barocco (fig.32) recante l'iscrizione "DEIPARAE IN COELUM ASSUMPTAE", che significa "(chiesa dedicata) alla Madre di Dio Assunta in Cielo". Ai lati dei due angeli sono poi disegnati alcuni strumenti dei sacerdoti, come il breviario, l'ostensorio, il messale, la stola ed il bastone pastorale.


ULTERIORI DETTAGLI SULL'ESTERNO DELLA CHIESA


FACCIATA

Fig.35 - La facciata a capanna del santuario è di sobria struttura. E' animata da un portale in cotto del Quattrocento (fig.33) che ha però subìto molti rimaneggiamenti. Infatti i due fregi che lo contornano (quello più esterno formato da puttini e foglie di acanto, quello più interno da foglie e ghiande) vengono bruscamente interrotti a circa un metro da terra da mattoni inseriti da Don Mario Granero in luogo dei fregi rovinati dalle intemperie. Le due finestrelle ai lati del portale, in origine anch'esse ogivali, furono ribassate e rese rettangolari durante i restauri dei primi anni del Settecento. Il rosone in origine era una vera e propria finestra quadrilobata (la cui sagoma affiora oggi all'interno) che esternamente doveva forse avere decorazioni in cotto simili a quelle del portale. Chiuso dal pievano teologo Franco, oggi è abbellito da una pittura di Michele Baretta raffigurante l'Assunta che veglia su Vigone (fig.34). Durante i recenti restauri nel dipinto è stato cancell ato il tetto della fabbrica del compensato che si intravedeva sullo sfondo e che era stato oggetto di molte polemiche giacché molti lo avevano ritenuto un'inutile attualizzazione dell'affresco. Tra le finestre ed il portale emerge una decorazione che simula dei blocchi di pietra squadrati ma che resta celata dietro il colore giallo della facciata.


PARETI LATERALI

Nella parete nord si apre solo la finestra barocca della navata. La parete ad est, oggi priva di aperture, era originariamente aggraziata da due finestre gotiche flamboyantes di cui si vede il perimetro (fig.36). Lungo la parete meridionale si aprono invece due finestre ed una porta. La finestra della navata è uguale a quella della parete nord e fu aperta nello stesso periodo, come anche la porta posta al di sotto di essa; sempre nel Settecento furono invece chiuse le altre due aperture romaniche a tutto sesto di questo tratto di parete, una delle quali è facilmente localizzabile in alto a destra della porta (fig.38). Tutta questa parte del muro è ricoperta da una decorazione trecentesca a scacchi rettangolari bianchi, rossi e neri. A destra della finestra del presbiterio è presente un grande affresco del XIV secolo (alto 2,60 metri e largo 1,60), oggi purtroppo molto rovinato, racchiuso in una cornice con fregio a campanule bianche e raffigurante San Cristoforo con Gesù Bambino (fig. 37). Questo veste un abito giallo-roseo trapuntato di gemme e di stelle e bordato di arabeschi, mentre la veste del santo è azzurra. Nella parte bassa del dipinto è rappresentato il torrente che i due attraversano pieno di pesci, rane ed altri anfibi. Sopra all'affresco si trova una piccola campana sovrastata dalla botola che permette l'accesso al sottotetto.

Sulla sommità dei quattro pilastri agli angoli del presbiterio si intravedono, inglobate nella muratura, le quattro guglie che un tempo si protendevano al di sopra del tetto.


LA STORIA DEL SANTUARIO


La primitiva chiesa di Santa Maria de Plebe (dal latino = Santa Maria del popolo) fu costruita in una data sconosciuta, certamente prima del 1000. Secondo alcuni testi potrebbe essere stata eretta da monaci benedettini e dunque risalire anche al VI-VII secolo d.C., cioè all'epoca longobarda; tuttavia, non esistendo documenti scritti, non resta che una supposizione. La lunga storia della chiesa si può suddividere in tre grandi periodi: durante il primo essa fu una pieve dipendente dal vescovo di Torino; quando nel 1029 fu ceduta dal marchese Olderico Manfredi all'Abbazia di San Giusto di Susa, iniziò il periodo benedettino in cui la pieve acquisì molta importanza e tutti i pievani furono monaci benedettini di San Giusto; dopo l'ultimo pievano di quest'ordine (Berliato de Oppeciis), iniziò, a metà del Quattrocento, la fase secolare della chiesa, nella quale il primo pievano secolare, Giannetto Fasoly, fatta costruire la nuova parrocchia di Santa Caterina in Vigone, vi si trasferì nel 1461. Ciò soprattut to a causa dell'insalubrità dell'aria e del fatto che già nel Trecento molte case si erano ritirate all'interno delle mura lasciando solo più due vie deserte (le Ruate) a collegare il paese con la chiesa campestre. Da allora la pieve di Santa Maria de Ortis (dal latino "orior" = nascere; quasi certamente un'alterazione popolare di "de Ortu", titolo latino indicante l'Assunzione, la Natività, la Maternità della Vergine) divenne dipendente dalla parrocchia di Santa Caterina e fu utilizzata solamente la domenica e il 15 di agosto (giorno della festa titolare). Solo all'inizio del Cinquecento il periodo secolare fu interrotto per alcuni anni quando la pieve passò sotto la guida degli Umiliati di Pinerolo.

In origine la chiesa era una costruzione a tre navate, con cinque altari ed altrettante tombe di patronato delle principali famiglie nobili del tempo. Aveva un cimitero proprio, con cappelle patronali. Era titolare dei pievani e vi si svolgevano tutte le funzioni parrocchiali (processioni, battesimi, ecc.); aveva molte terre e cappelle nei dintorni ed il suo pievano era il capo di tutti i parroci della zona. Intorno ad essa sorse a poco a poco il piccolo borgo di Vicus Guidonis, poi trasformatosi, attraverso numerose variazioni etimologiche, in Vigone. La pievania, una delle prime in Piemonte, era l'unica parrocchia del paese e rimase tale fino alla costruzione, nel 1368, della chiesa di Santa Maria del Borgo dentro le mura di Vigone.

Questa primitiva chiesa era tuttavia già decadente per vetustà nel XIV secolo.

Si sa poi che all'inizio del Trecento la chiesa era diversamente strutturata: possedeva infatti un'unica navata con il pavimento in terra battuta, coperta con capriate lignee e separata dal presbiterio attraverso una cancellata, mentre sull'altare vi era un crocifisso ligneo. A nord non vi erano aperture, come si può constatare dal tessuto compatto della costruzione; a sud si aprivano invece due finestre romaniche. Esternamente il materiale costruttivo (miscelato con elementi di riporto, come i mattoni romani, che fanno pensare alla demolizione di una preesistente struttura) era coperto da una decorazione a scacchi bianchi, rossi e neri. Queste radicali modifiche rispetto all'antica costruzione a tre navate testimoniano una probabile ricostruzione avvenuta, secondo alcune fonti, nel 1312.

Altri documenti parlano invece di una grande ristrutturazione secondo lo stile gotico fiorito avvenuta nell'anno 1434 e voluta dal pievano Berliato de Oppeciis. Dopo la risistemazione la chiesa possedeva un portale in cotto affiancato da due finestrelle ad ogiva e sovrastato da un rosoncino quadrilobato; probabilmente fu eretto anche l'attuale sacello quadrivele con le quattro minute guglie esterne, in muratura e stile quattrocenteschi, con le due finestre flamboyantes ad est e una a sud uguale ad esse e separato dalla zona fedeli da una cancellata. Fu inoltre eretto un altare gotico in laterizio. La data della ricostruzione della chiesa con il conseguente restringimento della struttura (testimoniato dall'ampio terrapieno che circonda l'attuale santuario) è però molto discussa. Infatti, se l'ipotesi della ricostruzione del 1312 è facilmente accettabile, quella della costruzione del sacello nel 1434 sconvolge molte supposizioni sulla data di realizzazione degli affreschi in esso presenti. Considerando ch e una ricostruzione non esclude l'altra, si può pensare che quella del 1312 sia stata una vera riedificazione, mentre quella del 1434 solo una grande risistemazione, visto che risulta difficile spostare la realizzazione degli affreschi presbiterali alla seconda metà del XV secolo. E' però certo che dopo il 1434 non furono più apportate altre radicali modifiche alla pieve, solo più soggetta a manutenzioni ordinarie.

Nel 1418 nella chiesa di Santa Maria de Ortis venne a predicare San Bernardino da Siena che, come narrato in una lapide (vedere pag.20-21), per scuotere gli animi troppo pigri dei vigonesi operò un miracolo facendo muovere un braccio al crocifisso sopra l'altare.

Il 3 ottobre del 1592 il Duca di Lesdiguières, a capo di un esercito di ugonotti (protestanti francesi in linea coi calvinisti), saccheggiò Vigone ed altri borghi circostanti e, oltre ad incendiare il tetto del santuario (usato come caserma), commise un grave sacrilegio: diede fuoco alla statua lignea della Madonna i cui resti, sotterrati poco distante, furono ritrovati, come vuole la tradizione e come narra una lapide (vedere pag.19), il 2 febbraio dell'anno seguente, durante un inverno molto freddo, sotto una spessa coltre di neve su cui era spuntato un cespuglio di fiori. Rimessa al suo posto la statua, il santuario divenne meta di pellegrinaggi da parte delle numerose confraternite dei paesi circostanti. In particolare la Confraternita vigonese del SS. Nome di Gesù, essendo molto assidua nel recarsi alla chiesa di Santa Maria de Ortis, il 2 febbraio dell'anno 1595 (lo stesso in cui Ella operò alcuni miracoli a Mondovì) fu degnata dalla Vergine di vedere lungo la via i miracolosi fiori sbocciati sull a neve, come narra l'epigrafe dietro l'altare della chiesa.

Dopo la distruzione del duca transalpino, la parte del santuario danneggiata fu ricostruita: per riparare più comodamente il tetto fu realizzata sopra le pareti della chiesa una corona di 12-13 corsi di mattoni crudi, ancora oggi visibile nella parte sacellare sotto la gronda del tetto, che doveva fare il giro di tutto l'edificio.

Nell'anno 1630 in Vigone sopravvenne un'epidemia di peste che mieté 1500 vittime. In questa situazione la chiesa di Santa Maria de Ortis fu utilizzata come deposito dei cadaveri infetti. Quando poi questi, conclusa l'epidemia, furono debitamente sotterrati, si provvide a disinfettare l'interno del santuario ricoprendo le sue pareti con uno strato di calce, lisciva (una soluzione di potassa e soda) ed aceto che oltre a disinfettare l'ambiente ha anche preservato i dipinti conservandoli fino ad oggi (nonostante i danni provocati dall'umidità). Il 18 agosto del 1643 l'abate di Susa proibì le sepolture nel cimitero della chiesa poiché, trovatolo privo di mura, lo aveva ritenuto profanato.

Alla fine del Seicento il pievano di Santa Caterina Giovanni Pietro Passera diede avvio alla ristrutturazione pressoché definitiva della pieve, conclusa nel 1716 dal suo successore Onorato Gay. Nel presbiterio fu eretto l'attuale altare in luogo di quello gotico di prima; furono chiuse le finestre flamboyantes dietro l'altare, mentre quella a sud fu modificata in senso barocco. Nella navata le modifiche furono ancora più evidenti. Per ragioni statiche furono infatti addossate alle pareti tre coppie di lesene con esuberanti modanature. Inoltre, per poter gettare al posto della capriata lignea la volta a crociera, fu sostituita la corona in mattoni crudi sulle pareti della navata con una solida muratura adatta per il suo incastro, ma solo fino all'attacco dell'arco trionfale del presbiterio, già coperto da una volta a crociera. La navata fu pavimentata con piastrelle di pietra e per rendere più salde le pareti furono inserite nella struttura delle grosse chiavi di ferro. Vennero poi ribassate le finestrel le laterali del portale d'ingresso, mentre due grosse finestre furono aperte nella parte alta della seconda campata della navata. Lungo la parete sud fu aperta anche una porta, mentre furono chiuse le due finestre romaniche. Dopo aver apportato tutte queste modifiche, il pievano Gay ritinteggiò e decorò impietosamente il tutto e fece anche apporre le tre iscrizioni che narrano dei miracoli avvenuti nel santuario.

Fu il pievano teologo Domenico Castelli a procedere nuovamente ad alcuni restauri nel 1854 (come egli fece scrivere sul portale, vedere pag.24): allargò la finestra sud del sacello per darvi più luce, separò nuovamente il presbiterio dalla navata con una balaustra sormontata da una cancellata ed alloggiò in fondo alla navata una rozza cantoria in legno.

Nel 1871 annullò poi con una pesante decorazione a fondo blu gli affreschi emergenti.

Nel 1902 la chiesa fu riconosciuta monumento nazionale.

Tra il 1913 ed il 1923 il pievano teologo Carlo Angelo Fiore fece costruire un muro con una cancellata per contenere il terrapieno intorno alla chiesa, come scritto nella lapide posta sotto la cantoria (vedere pag.24). Negli scavi per la costruzione del muro furono ritrovati alcuni resti di sepolture dell'antico cimitero. Il vasto sagrato della pieve era (ed è tuttora) ombreggiato da due filari di platani. Inizialmente la cancellata possedeva due piccoli ingressi dietro al santuario. Fu il pievano teologo Franco a toglierli per farne uno unico più grande davanti alla chiesa. Egli inoltre chiuse il rosoncino della facciata sostituendolo con una pittura di Michele Baretta; lastricò il sagrato della chiesa e fece rifare il pavimento interno, rimpiazzando le mattonelle di terracotta e le lastre di pietra con piastrelle; è rimasta una traccia dell'antica pavimentazione solo sotto la pedana lignea dell'altare. Infine fece fare dei nuovi banchi in legno per i fedeli.

Il 28 gennaio del 1975 la statua della Madonna bruciata dal Duca di Lesdiguières, fino ad allora esposta nella nicchia dell'altare, fu trafugata da alcuni malviventi probabilmente ignari del fatto che essa non aveva alcun valore, se non quello votivo. Era infatti in legno di pioppo e, siccome dopo l'incendio del 1592 non ne erano rimasti che la testa, il collo e Gesù Bambino, un piccolo tronco fungeva da busto ed era nascosto da un velo di seta (vedere la foto nell'ultima pagina). Dopo questo fatto la diocesi dispose il trasporto del prezioso crocifisso nella chiesa di Santa Caterina per metterlo al sicuro da possibili furti.

Don Mario Granero sostituì poi la statua rubata con una nuova, benedetta dall'arcivescovo di Torino l'11 maggio del 1980. Egli inoltre collocò negli angoli della recinzione, a scopo ornamentale, dei rulli in pietra usati per i lavori agricoli nella zona circostante.

Il 15 agosto del 1981 fu inaugurata la croce in cemento eretta in occasione del 1550° anno dal Concilio di Efeso (in cui fu riconosciuta la maternità divina della Vergine Maria), posta ai piedi della scala che porta al sagrato della chiesa. Il 29 maggio 1983 fu costruita nel giardino la fontana donata dal cav. Giovanni Gandione con vasca in pietra scolpita a mano. Innumerevoli sono i miracoli e le grazie operate dalla Vergine a coloro che si sono recati in questo suo santuario per venerarla: un tempo le pareti erano coperte di quadretti ex-voto, poi tolti da Don Mario Granero. Solo i più recenti sono ancora appesi sulla cantoria.


LE ISCRIZIONI LATINE


LAPIDE DELLA COLONNA SINISTRA DEL PRESBITERIO

Questa iscrizione narra del miracoloso ritrovamento dell'antica statua della Madonna dopo l'incendio del 1592. Essa fu rinvenuta il 2 febbraio del 1593, sotto una spessa coltre di neve su cui erano spuntati dei fiori. L'epigrafe è realizzata su di un fondo bianco sotto il quale, grazie ai recenti restauri (ultimati nel 2002), si intravede un'altra iscrizione, uguale a quella che è riportata dietro l'altare (vedere pag.23). Si può supporre che l'epigrafe che si vede in trasparenza fu sostituita da quella, eseguita più di recente, che oggi si legge in primo piano; probabilmente quest'ultima era infatti stata ritenuta più importante della prima, che però, per non andare perduta, fu ricopiata dietro l'altare.

Iscrizione
QUAE HIC COLITUR
INSIGNIS B VIRGINIS STATUA
AB HAERETICIS MILITIBUS
SUB LESDIGUIERES DUCE AN 1592 DIE 3 OCTOBRIS
VICONUM DIRIPIENTIBUS
IGNI TRADITA
SED OB URGENTEM DISCESSUM
NON INTEGRE COMBUSTA
IN TERRAM PROJECTA ATQUE SEPULTA
SEQUENTI HIEME ADMODUM RIGIDA
VIRENTIUM ET FLORENTIUM HERBARUM INDICIO
MIRABILITER REPERTA
AC PRISTINO TRADITUR HIC IN LOCO REPOSITA

Traduzione
L'insigne statua della Beata Vergine
che è qui venerata
fu incendiata
dai militari eretici
che saccheggiarono Vigone
il 3 ottobre dell'anno 1592 sotto il comandante Lesdiguières;
tuttavia per una urgente ritirata
non fu interamente bruciata
ma, gettata a terra e sepolta,
durante il seguente inverno molto freddo
grazie al segno delle piante e delle erbe fiorite
fu miracolosamente ritrovata
e dopo essere stata ripristinata fu riportata al suo posto.


LAPIDE DELLA COLONNA DESTRA DEL PRESBITERIO

In questa lapide è descritto il miracolo che San Bernardino da Siena operò quando, nel 1418, venne a predicare in questa chiesa.
Durante i restauri del 2002 è stata riportata alla luce l'epigrafe originaria, che era stata imbiancata e ricopiata di recente. Le due iscrizioni differiscono per alcuni particolari: nel riportarla sul nuovo strato di bianco sono state evidentemente omesse, volutamente o per sbaglio, alcune parole, ma non è stato mutato il senso generale del testo. Qui di seguito sono riportate le due versioni: prima quella più recente, che ora è stata eliminata; poi quella originale più antica (che è quella attualmente leggibile) con la sua traduzione.

Iscrizione cancellata
HIC ANTE TEMPLI RENOVATIONEM COLEBATUR DEPICTA
D BERNARDINI SENENSIS
SUPER PULPITUM ASTANTE POPULO CONCIONANTIS
ET CRUCIFIXI LIGNEI
QUI ADHUC SUPER ARAM MAJOREM EMINENS ADORATUR
IN EJUS CONSPECTU EFFIGIES
AD PERENNEM INSIGNIS MIRACULI MEMORIAM
QUOD NEMPE CUM DIV IN HAC PAROCH ECCL'A PREDICANS
CONTRA QUAEDAM EJUSDEM POP VITIA ACRITER INVEHERETUR
SCULPTILIS ILLA CRUCIFIXI IMAGO
IPSO DIVO INSTANTE
AD MALEDICENDOS IN TEMPORALIBUS AUDITORES
BRACHIUM E CRUCE DIVELLERIT
QUO TREMEFACTIS SPECTACULO
AC IN VERAE CONTRITIONIS LACRYMAS EFFUSIS
DIVI EJUSDEM PRECIBUS
BRACHIUM RETRAHENS
SUO LOCO RESTITUERIT

Iscrizione originale
HIC ANTE TEMPLI RENOVATIONEM COLEBATUR DEPICTA
D BERNARDINI SENENSIS
SUPER PULPITUM, ASTANTE POPULO, CONCIONANTIS,
ET CRUCIFIXI LIGNEI,
QUI ADHUC SUPER ARAM MAIOREM EMINENS ADORATUR,
IN EIUS CONSPECTU
EFFIGIES,
AD PERENNEM INSIGNIS MIRACULI MEMORIAM
QUOD NEMPE, CUM DIVUS IN HAC PAROCHIALI ECCLESIA PREDICANS
CONTRA QUEDAM EIUSDEM POPULI VITIA ACRITER INVEHERETUR
NULLAQUE COMPUNCTIONIS SIGNA CONSPICERET,
SCULPTILIS ILLA CRUCIFIXI IMAGO
IPSO DIVO INSTANTE,
AD MALEDICENDOS IN TEMPORALIBUS AUDITORES,
BRACHIUM E CRUCE DIVELLERIT;
QUO TREMEFACTIS SPECTACULO
AC IN VERE, CONTRITIONIS LACRYMAS EFFUSIS
DIVI EIUSDEM PRECIBUS
BRACHIUM RETRAHENS SUO STATIN LOCULO RESTITUERIT

Traduzione
Qui prima della restaurazione della chiesa (quella del '700) una pittura
di S. Bernardino da Siena
che predicava dal pulpito al popolo astante
e, sotto i suoi occhi,
l'effigie
di un crocifisso ligneo,
che allora spiccava sull'altare maggiore ed era adorato,
erano venerate a perenne memoria di uno straordinario miracolo,
giacché infatti quando il santo, predicando in questa chiesa parrocchiale,
inveiva aspramente contro alcuni vizi del popolo stesso
e non notava alcun segno di pentimento,
quell'immagine scultorea del crocifisso,
come lo stesso santo minacciava,
staccò il braccio dalla croce
per maledire gli ascoltatori impegnati in preoccupazioni caduche;
essendo stati scossi da questo spettacolo
ed essendosi abbandonati a lacrime di profondo pentimento
grazie alle preghiere dello stesso santo
ripose subito al suo posto il braccio ritraendosi.


ANTICA ISCRIZIONE SUL PILASTRO DEL PRESBITERIO

Questa antichissima iscrizione, ora assolutamente illeggibile perché ricoperta da chissà quanti strati di intonaco se non addirittura scrostata, richiamava l'anno 1312 (in cui pare che la chiesa fosse stata ricostruita perché decadente) e attestava l'erezione di una cappella beneficiaria in onore di Sant'Antonio con il legato di "una Missa cum cantu", senza però fare preciso riferimento a lavori di ricostruzione. L'epigrafe, di carattere gotico antico, si trovava sul pilastro destro di ingresso al presbiterio e già all'inizio del Settecento era lacerata in più parti e mancante di parole. Fu copiata, per nostra fortuna, dal notaio Pietro Gaspare Borletti il 29 aprile 1716 su ordine del pievano Onorato Gay, che aveva fatto restaurare il santuario in quegli anni.

Iscrizione
ANNO DOMINI, MCCCXII
....CONSTRUIT, FECIT PRAES. CAPP. S. ANTONI DOCTATAM
....FILIUM MICHAEL.... DE A.... FILIUS PRAEDICTI DOMINICI
....FILIOS ET SUCCESSORES IPSIUS.
CAPT. S. VINCENTII ICCC.... FILIOS PRAEDICTORUM
AD CELEBRATIONEM TRIUM.... HEBDOMADA, IN PERPET.... IN QUOLIBET
....S. ANTONII IN PRAESENTI LOCO, UNA MISSA CUM CANTU
PER PUBLICA INSTRUMENTA: QUORUM ANIMAE IN PACE CHR.
REQUIESCANT.

Traduzione
Per il fatto che molte frasi sono incomplete la traduzione dal latino risulta essere difficile e non molto fedele; quella proposta è la traduzione letterale dei termini latini.
Nell'anno del Signore, 1312
....Costruisce, fece praes. Capp. di S. Antonio Doctatam
....Il figlio Michele.... de A.... il figlio del suddetto Domenico
....i figli e i successori dello stesso.
Capt. di S. Vincenzo 299.... i figli dei suddetti
Per la celebrazione di tre.... settimana, in perpet.... in qualunque
....di S. Antonio nel presente luogo, una Messa con canto
Con pubblici Documenti: le loro anime nella pace Chr.
Riposino.


ISCRIZIONE DIETRO L'ALTARE MAGGIORE

E' qui narrato il miracolo che la Vergine operò il 2 febbraio del 1595, quando fece crescere su uno spesso manto nevoso dei bellissimi fiori che solo la Confraternita vigonese del SS. Nome di Gesù fu degnata di ammirare.

Iscrizione
HERBARUM ET CESPITUM
HINC INDE TOTO ITINERIS CURSU FLORENTIUM
PRODIGIO
TESTATAM FUISSE TRADUNT
DEIPARAM VIRGINEM
QUAM GRATUM SIBI FUISSET
CONFRATERNITATIS JESU OBSEQUIUM
QUAE CUM JAMDIU DIE 2A FEBRUARII
AD IPSAM IN HOC TEMPLO COLENDAM
CONVENIRE CONSUEVISSET
ET TEMPORIS VIAEQUE ASPERITATE PERTERRITA
AD COMMODIUS DIFFERRE TEMPUS
JAMJAM DECREVISSET
VICTO DEMUM METU
HILARIS HUC ET DEVOTA
INOFFENSO PEDE PERVENIT

Traduzione
Narrano che la Vergine Madre di Dio
avesse dimostrato
con la prodigiosa crescita
di erbe e cespugli fioriti
ai lati di tutto il corso della via
quanto le fosse gradita
l'obbedienza della Confraternita di Gesù
che, nonostante fosse già da molto tempo abituata ad andare
il 2 febbraio
a venerare la stessa in questa chiesa
e, spaventata dall'asprezza del tempo e della strada,
avesse ormai deciso
di rimandare ad un momento più adatto,
vinta finalmente la paura
giunse qui senza incontrare ostacoli


ISCRIZIONE SUL PORTALE D'INGRESSO

Questa iscrizione ricorda due importanti date della storia del santuario e annuncia a tutti che esso è dedicato alla Vergine Maria Assunta in Cielo. Fatta eseguire dal pievano teologo Domenico Castelli nel 1871, prende spunto dall'antica iscrizione del pilastro destro del presbiterio copiata dal notaio Borletti e attesta che già sul principio del XIV secolo la chiesa fu ristretta e restaurata perché decadente. Ma in assenza di documenti più affidabili la radicale ricostruzione con conseguente riduzione delle dimensioni della chiesa resta solo un'ipotesi interessante.

Iscrizione
D.O.M. (Deo optimo maximo)
DEIPARAE V IN COELUM ASSUMPTAE
PRIMAE PLEBANIAE TITULARI
TEMPLUM QUOD SAEC XIV° AEVO RUINOSUM
MAIORUM PIETAS
ANGUSTIORI LICET FORMA SERVABAT
RESTAURATUM ANNO MDCCCLIV
DECORATUM ANNO MDCCCLXXI

Traduzione
A Dio, ottimo e grandissimo.
La devozione degli antenati
conservò anche se con una forma più piccola
questo Santuario, cadente nel XIV secolo,
dedicandolo alla Vergine Madre di Dio Assunta in Cielo
titolare della prima Pievania.
Restaurato nell'anno 1854.
Decorato nell'anno 1871.


LAPIDE SOTTO LA CANTORIA LIGNEA

Questa lapide ricorda la costruzione, voluta dal pievano teologo Carlo Angelo Fiore, del muro e della cancellata che circondano il santuario.

Iscrizione
IL PIEVANO
TEOL. CARLO ANGELO FIORE
RIEDIFICATA DALLE FONDAMENTA L'ABITAZIONE CIVILE DELLA CASCINA
SANTA MARIA
CINSE DI MURO IL TERRAPIENO DELLA CAPPELLA
CORONANDOLO DI FERREA CANCELLATA
1913 - 1923


Un iniziativa a cura di

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